Provenienza:
Leopoldo Antonio Eleuterio Firmian, Vescovo di Salisburgo (come indicato dall'inventario del cardinale Neri Maria Corsini, 1750, "Inventario di tutti i quadri si’donati, che comprati, che si ritrovano al presente nell’Ecc.ma Casa Corsini con i nomi di quelli, da cui sono donati. Le postille e le aggiunte sono di mano di Monsignor Bottari. T. C. [Tommaso Corsini]. Fatto L’Anno 1750", Roma, Palazzo Riario alla Lungara, ); Roma, Papa Clemente XII Corsini.
Roma, Collezione Corsini (1730, come Cignani e nel 1808 riferita a Giovanni Lanfranco).
Firenze, Galleria Corsini (1856 ?; secondo l'etichetta sul retro).
Firenze, Collezione Beatrice Corsini Pandolfini (secondo etichetta sul retro: Ix [barrato]/ Prop. B. PANDOLFINI / Prov. CASA CORSINI/ Inv. N. 306 Nota N. 25)
Firenze,
Roma, Collezione Falcone Lucifero (1898- 1997).
Roma, Proprietà attuale.
La bella Natività "in notturna" qui presentata, in cornice coeva probabilmente ridorata nel Novecento, è corredata da un attento studio critico di Massimo Pirondini il quale attribuisce la tela ad Antonio Balestra, grazie a precisi e puntuali riferimenti. E' ad esempio possibile che, durante il viaggio di studio che Balestra compì durante i primi anni del Settecento, attraverso la Lombardia e l'Emilia, proprio a Modena trasse ispirazione dalla notissima Notte di Correggio (all'epoca ancora presente nella Ducale Galleria Estense), ripresa anche dal Maratti, suo Maestro, nella Chiesa di San Giuseppe dei Falegnami a Roma. Il professore compara inoltre la nostra Natività alla tela comparsa sul mercato antiquario da Sotheby's (24 aprile 2008) e a un altro notturno come l'Adorazione dei Pastori del Museo di Postdam.
Le consonanze stilistiche sono quindi numerose e condivisibili ma è pur sempre doveroso ricordare le attribuzioni citate nei diversi inventari della Collezione Corsini: l'opera è infatti stata attribuita al Cignani, a Lanfranco e più recentemente (1886) a Sebastiano Conca. E' quindi palese come la critica non abbia una visione univoca sulla paternità del dipinto. Si ritiene pertanto più prudente ascrivere l'opera più genericamente all'ambito e alla bottega di Carlo Cignani (il primo ad essere citato ngli inventari), riconoscendo forse proprio la mano del figlio Felice, in attesa di nuovi studi e attribuzioni.
Per la sua pennellata dinamica e veloce il dipinto è estremamente moderno e conferisce alla composizione un'impressione di immediatezza e vivacità. La pennellata fluida e libera abbraccia tutta la superficie del quadro e definisce sia le vesti che i volti del personaggio.
L'opera, dal tono intimo e tenuamente chiaroscurale, documenta l'equilibrio dell'artista tra il gusto naturalistico e la volontà di idealizzare le sue immagini devozionali. In questo caso si rileva la sua propensione a rileggere i testi pittorici di Correggio, Guarcino e Annibale Carracci.
Un'antica etichetta sul telaio afferma che l'opera proviene dalla collezione Corsini a Firenze, giunta mediante via ereditaria a Beatrice, la figlia del principe Tommaso, che nel 1889 sposò il conte Roberto Pandolfini. Subito dopo la morte di Tommaso Corsini i suoi eredi iniziarono ad alienare diversi dipinti della sua collezione.
L'opera è corredata da una scheda critica di Massimo Pirondini.