Il dipinto è ascrivibile alla prolifica cerchia di artisti cresciuti al seguito di Daniel Seghers e ricalca, inoltre, la maniera di dipingere cartigli e immagini sacre di uno dei suoi maggiori collaboratori, Erasmus Quellinus II.
Cresciuto come protestante, il Maestro Daniel Seghers si convertì al cattolicesimo e si unì all'ordine dei gesuiti.
Divenne sommo creatore di un tipo di natura morta profondamente cattolica: ghirlande di fiori che circondano cartigli in pietra o, come in questo caso, altaroli dorati e riccamente intagliati, e che spesso incorniciano scene religiose tipicamente contemplative. Seghers si specializzò quasi esclusivamente in dipinti basati su questo concetto. Questo genere così peculiare non solo ha spianato la strada al suo successo ma ha suscitato un ampio seguito di allievi e artisti epigoni.
La formula della ghirlanda fiorita che circonda un cartiglio in cui viene dipinta una scena religiosa invitava certamente alla collaborazione con colleghi specializzati nella pittura di soggetti figurativi per la scena centrale e, di conseguenza, Seghers spesso collaborò con pittori, come Rubens, Hendrick van Balen, Thomas Willboirts Bosschaert, Simon de Vos e, a Roma (1625-27), con Nicolas Poussin e Domenichino. Tra i contributi meglio riusciti ci fu, tuttavia, quello di Erasmus Quellinus II, con il quale realizzò una trentina di quadri.
In questo caso la composizione è adornata da un festone di fiori scelti, tra cui peonie, rose, san carlini, narcisi e amarillis. Le forme varie e talvolta complesse sono proprie dei fiori in piena gloria. I petali nitidamente evidenziati balzano in avanti dallo sfondo scarsamente illuminato e sono eloquentemente controbilanciati dalla la scena centrale altrettanto intensamente illuminata, ottenendo in tal modo una raffinata semplicità, propria del Seghers. L'altarino invece, con l'immagine della Vergine in monocromo, presenta forti rimandi alle forme aggraziate e ai volti tondeggianti di Erasmus. In cornice