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Giovanni Battista Carlone
(Genova, 1603 - Parodi Ligure)

Labano raggiunge Giacobbe in fuga verso Canaan, Metà XVII secolo

olio su tela
133 x 172cm

L'opera è corredata da una scheda critica di Anna Orlando.

Questo bel dipinto va riconosciuto al pittore genovese Giovanni Battista Carlone, esponente di una famiglia di artisti originaria di Rovio.
Figlio secondogenito dello scultore Taddeo, svolge la sua prima formazione pittorica presso il fratello Giovanni, col quale conduce gran parte dell'attività.
Le fonti ricordano un viaggio d'istruzione a Firenze (forse 1621-22) e due a Roma (1622 ca. e 1643 ca.) e poi un'intensa attività per diverse località del Basso Piemonte, dove alla fine di una carriera di successo morirà nel 1683/84 a Parodi Ligure, oggi in provincia di Alessandria.

Principalmente attivo come frescante, contende per tutti gli anni Sessanta e Settanta del secolo il primato delle più importanti commissioni di affreschi, tra le più rilevanti spiccano il ciclo di affreschi nelle chiese di San Siro e del Gesù e la sontuosa decorazione della Cappella Dogale di Palazzo Ducale.

Il soggetto di questo inedito dipinto presenta il brano biblico tratto dal libro della Genovesi (31, 36-42) che narra della fuga di Labano dalla casa del suocero Giacobbe, che aveva servito per tanti anni per potere avere in moglie la bella figlia Rachele.
Con lei, i figli, il bestiame e tutti gli averi messi da parte nei duri anni di lavoro, aveva lasciato segretamente la casa di Labano. A sua insaputa, Rachele aveva portato via gli idoli domestici di Labano (i teraphin). Labano si accorse della loro fuga e del furto, li inseguì e li raggiunse.
E' questo il momento narrato dal Carlone: Labano accusa Giacobbe che insiste nel dirsi innocente e ignaro di tutto. Rachele, che qui vediamo a sinistra, aveva nascosto gli idoli nella sella di un cavallo e vi si era seduta sopra, coprendoli con le sue ampie vesti. Alla fine gli idoli vennero restituiti e Giacobbe e Labano si riconciliarono.

Il soggetto è uno dei più frequenti tra le storie bibliche narrate nella pittura genovese del XVII secolo, anche perchè il tema è quello della famiglia e della sua unità, uno dei valori fondamentali su cui si fondava la Genova della grande Repubblica Aristocratica.

Carlone lo risolve in questo dipinto databile in un momento relativamente giovanile, verso la metà del secolo, con una scena animata e narrata con brio.
Il suo stile è apprezzabile sempre per la sua pennellata libera e corposa, come si vede soprattutto nelle figure dei tre protagonisti. 
Carlone è qui particolarmente affine a Domenico Fiasella e Giovanni Andrea De Ferrari, due maestri più anziani di lui che già da qualche anno stavano riscuotendo molto successo proprio con le loro favole bibliche.
L'efficacia del racconto di Carlone in questo dipinto si deve anche alla pacata teatralità dei personaggi, convincenti nelle loro espressioni, ravvivate da un sapiente uso della luce, degno di nota al pari di alcuni brani di particolare bellezza nella descrizione dei volti, in particolare quello di profilo del vecchio Labano.

















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